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SREBRENICA

 

FASI DEL PROGETTO


Crediamo che sia utile collocare le difficoltà e i risultati del progetto in situazione, con una sintetica descrizione del contesto.
L’11 luglio 2005 è ricorso il decimo anniversario dell’eccidio di  Srebrenica.
A Srebrenica, città sotto la protezione ONU, l’11 luglio 1995, la maggior parte degli uomini e degli adolescenti bosgniacchi sono stati uccisi dai Serbi nazionalisti di Mladic, non fermati dalla presenza ONU.
Secondo i dati della Croce Rossa Internazionale, sono stati assassinati 7.294 ragazzi e uomini. Le donne e le famiglie superstiti denunciano 10.000 scomparsi. Le vittime uccise sono state sepolte in fosse comuni.
I mezzi d’informazione del mondo occidentale hanno definito questo crimine come il più orribile massacro commesso in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
Le organizzazioni dei/delle superstiti e, prima fra queste, Zene Srebrenice hanno voluto la ricerca e il ritrovamento delle vittime e il loro seppellimento a Potocari e l’avvio del Centro della memoria.
Srebrenica è ancora oggi una città impoverita, nonostante gli aiuti e l’attività positiva della municipalità, la maggior parte delle/dei rimpatriati non hanno un introito mensile fisso, la vita è difficile specie nelle campagne, grande parte della popolazione bosgniacca superstite vive all’estero o nel Comune di Tuzla.
Le donne dell’Associazione Zene Srebrenice hanno intravisto, anche grazie all’importante azione del primo sindaco post conflitto, Abdurahman Malkic, da dicembre non più in carica, nuovi spazi:
“ All’inizio noi non avevamo alcuna speranza di ritornare nella nostra città?.ma oggi le condizioni sono cambiate e si aprono nuovi spazi per il rientro. Le frontiere esistono sulle mappe ma non per i/le comuni cittadine. Noi abbiamo le stesse radici, la medesima cultura, parliamo la stessa cultura. L’incubo della guerra ci ha separati, ma la memoria di prima della guerra ora riappare: è la città dove siamo nati; è la città dove tutti siamo cresciuti insieme.”
Citiamo qui di seguito alcune riflessioni di Sabina Langer, scritte per il decennale dell’eccidio di Srebrenica.

 

Ricordi e memoria a Srebrenica
da Sabina Langer:
“Abdurahman Malkic, sindaco musulmano di Srebrenica, indossa una maglietta gialla con la scritta sulla schiena NON DIMENTICHIAMO ? SREBRENICA. Malkic aspetta insieme a tante donne, a qualche ragazzo e a spaventosamente pochi uomini. Aspetta davanti al centro memoriale di Potocari i 610 corpi, resti di corpi, trovati nelle fosse comuni e successivamente identificati, che l’11 luglio troveranno finalmente sepoltura. Poche persone aspettano i sei camion pieni di bare verdi, semplici, tutte uguali, bare con un numero e un nome. Aspettano dignitosamente, come hanno fatto per dieci anni, di dare sepoltura ai loro cari. Come se senza il rito di questa sepoltura non riuscissero a trovare pace, come se continuassero a rivivere le pene a loro inflitte, senza poterle trasformare in ricordo e poi in memoria.
Ecco i camion. Gli uomini – solo loro infatti possono – formano due file, una di fronte all’altra, e si passano di mano in mano, sopra le teste, le bare che sembrano non finire mai. Le dispongono ordinatamente all’interno di uno di quegli edifici della fabbrica di accumulatori, che durante la guerra è stata la base del contingente dell’ONU  ed è diventata poi campo di concentramento. Ironia della sorte.
Il cimitero che già ospita un migliaio di tombe e accoglierà queste bare si trova proprio di fronte a quei luoghi. Li guarda dritti in faccia. A differenza di molti cimiteri musulmani della Bosnia Erzegovina che si trovano in collina o in punti che guardano sulla città e sulla vita, a Potocari il cimitero è nella stessa conca in cui tanti di questi uomini hanno trovato la loro morte violenta??.
...Le donne di Srebrenica hanno preparato migliaia di copricapi bianchi che distribuiscono a tutte le altre donne che entrano nel centro memoriale, dopo essere passate per il metal-detector. Nessuno può entrare evitandolo; chi entra deve essere inerme come allora.
Presto la folla si distribuisce e riempie quello spazio enorme che un giorno accoglierà più di ottomila tombe. Al momento della sepoltura gli altoparlanti urlano un grido di dolore lungo tutti i nomi e tutte le date di nascita di coloro che si trovano in quelle bare verdi, che gli uomini nuovamente si passano di mano in mano sopra le teste. Le donne le aspettano vicino alle file sterminate di buche che le accoglieranno. Dolore infinito?.
...Le donne piangono. Loro non hanno l’aiuto della ritualità della sepoltura per rielaborare il proprio lutto. Si ancorano però a grandi atti simbolici, come i copricapi bianchi o le manifestazioni l’11 di ogni mese; azioni che assumono valenza rituale. Finalmente alcune hanno la certezza che i propri cari sono morti per davvero, certezza che senza il ritrovamento dei resti continua a non esserci; mantengono sempre la speranza remota di veder tornare i propri dispersi. Adesso alcune hanno una tomba sulla quale piangere, una tomba in mezzo ad altre migliaia, tutte uguali, differenziate solo dal nome. Queste forti donne hanno deciso di seppellire i propri cari tutti insieme, di fronte a quello che, da campo base del contingente ONU, si era trasformato in campo di concentramento.
Un giorno riposeranno lì tutti insieme, in quello che già oggi si chiama Centro Memoriale??
A Srebrenica il progetto potrebbe essere la costituzione di un luogo della memoria, che non si limiti a essere il cimitero in cui seppellire tutti i morti causati dal genocidio. Dovrebbe essere un luogo dove poter sviluppare una memoria attiva, dove poter documentare l’accaduto e allo stesso tempo cercare nuovi possibili modi per una convivenza che sia la più pacifica possibile”

È questo l’obiettivo dell’associazione Zene Srebrenice e il sostegno a Zene Srebrenice, come centro di donne, archivio della memoria e incubatore di convivenza, si è interconnesso con la loro scelta di collegarsi a reti di donne.
Le donne rifugiate di Srebrenica si sono costituite a Tuzla in associazione, e, pur mantenendo una sede associativa a Tuzla e organizzando costantemente iniziative, hanno scelto di rientrare a Srebrenica con dignità e forza .

Da Hajra Catic- Intervista a Una Città
“Dopo il nostro arrivo a Tuzla, nel 1995, non ci siamo perse d’animo e con altre donne abbiamo voluto fondare un’associazione “Zene Srebrenice” (donne di Srebrenica), che ovviamente è aperta a tutte le persone che hanno a cuore quello che è accaduto agli abitanti di Srebrenica. Ci rivolgiamo innanzitutto alle famiglie che hanno avuto dei lutti o i cui componenti risultano ancora oggi scomparsi dalla zona protetta di Srebrenica.
La ragione dell’esistenza di quest’associazione è la lotta per la giustizia e la verità. Per noi questo significa intanto sapere cosa ne è stato degli uomini scomparsi. Stiamo infatti facendo pressioni affinché vengano accorciati i tempi della riesumazione e identificazione dei corpi trovati nelle fosse comuni. E poi stiamo ugualmente facendo pressioni affinché i criminali di guerra vengano catturati e consegnati alla giustizia.
Negli ultimi tre anni abbiamo lottato anche per avere in concessione un pezzo di terra per costruire un memoriale. Infine l’Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina ha dato il permesso di utilizzare l’ex base del contingente olandese, Potocari, per seppellire i corpi identificati. Potocari è un luogo emblematico perché è anche la sede della fabbrica in cui i nostri uomini sono stati internati e uccisi. Lì poi c’era appunto il battaglione olandese dell’Unprofor. Tutto si svolse davanti ai loro occhi.
Quel terreno comunque non sarebbe stato sufficiente per seppellire tutte le vittime del massacro, così abbiamo chiesto che ci venisse assegnato anche il terreno della fabbrica di accumulatori, che si trova lì accanto.
Ricordo ancora le riunioni con i responsabili del governo locale cui partecipammo in quel periodo; quando si arrivò alla discussione sul luogo da destinare al nostro memoriale i serbi che partecipavano uscirono in massa dalla stanza, per protesta. Noi comunque non ci siamo mai lasciati scoraggiare e infine l’Alto Rappresentante ci ha autorizzato. Per loro è stato uno shock: pensavano che nessuno di noi, una volta cacciato dalla propria casa, avrebbe più potuto rimetterci piede. Pensavano che nessun musulmano sarebbe mai rientrato a Srebrenica. Invece noi non abbiamo mai mollato e alla fine ce l’abbiamo fatta.”

 

A Tuzla
Odgovornost: è questa la parola che le donne sopravvissute, fuggite e salvate al massacro scrivono su manifesti e gridano a gran voce tutti i mesi da anni a Tuzla.
Le donne di Srebrenica che vogliono ricordare, ogni 11 del mese si riuniscono in uno Spazio chiamato “Pinga” e si legano simbolicamente con una catena di pezzi di stoffa su cui si ricorda il nome di una persona scomparsa.

Per Zene Srebrenice essere inserite in reti internazionali per avere una maggiore visibilità e per dare più forza ai loro obiettivi è stato un risultato da perseguire.
L’attività di rete è stata la continuazione delle iniziative intraprese in questi anni dall’associazione, insieme ad altre, per evitare la rimozione di quanto è accaduto e ottenere una qualche giustizia, ma ugualmente la memoria da sola non basta, occorrono azioni consapevoli e parole scambiate, per avviare un percorso di convivenza pur nella drammatica consapevolezza che far questo rinnoverà l’esperienza traumatica e il dolore.
Si è resa visibile, significativa e sostenibile la scelta di rientro a Srebrenica di queste donne per dieci anni rifugiate a Tuzla, donne di quella comunità senza uomini, che è la comunità bosniaca delle sopravvissute di Srebrenica e dei loro figli, sostenendone le iniziative, con il supporto dell’Associazione Amica di Tuzla, operando perché diventassero riferimento di reti internazionali e aumentassero le loro chance di raggiungere i loro obiettivi prioritari.
Questo percorso è stato reso possibile dal fatto che Srebrenica pur essendo nella Repubbliaca Serpska, ha avuto ed ha, ancora oggi, un sindaco Bosgniacco, perché possono votare anche le/gli abitanti di Srebrenica non rientrati.
La relazione con la Municipalità è stata al centro del progetto e ha avuto come fulcro la messa in contatto e la realizzazione del gemellaggio fra Sreberenica e Marzabotto, ideale continuazione del gemellaggio fra Tuzla e Bologna, città che hanno accolto il bisogno di dare voce alle vittime.
Questa situazione è stata significativa per lo sviluppo del sistema di relazioni che hanno consentito di sviluppare una rete attorno al progetto.
La relazione con Tuzla ha consentito e facilitato le attività di approfondimento progettuale e di formazione, che, come previsto, sono avvenute sia a Srebrenica che a Tuzla, in collaborazione con l’Associazione Amica di Tuzla.
La sede di Tuzla di Zene Srebrenice è diventato il centro di attività di ricerca e archivio della memoria, anche orale, dei fatti di Srebrenica e della storia di quell’area.
Zene Srebrenice ha partecipato ad iniziative di peace-keeping e a workshop internazionali fra donne e non solo a Srebrenica e in Italia.
L’associazione Tuzlanska Amica ha svolto una serie di attività rivolte alle donne rientranti, gruppi di auto aiuto e consulenze psicosociali, per accompagnarle all’inevitabile rinnovarsi del trauma collegato con il ritorno nei luoghi di origine.
Nel 2005, decennale dell’ eccidio, a Bologna si sono svolte numerose iniziative, le associazioni Orlando e Orlando Molte Donne un Pianeta hanno coinvolto il Comune di Marzabotto nel progetto Going back to Srebrenica e le donne di Zene Srebrenice sono state a Bologna e a Marzabotto con il Sindaco di Srebrenica Abdurahman Malkic.
In quella occasione le donne di Zene Srebrenice hanno partecipato a molte iniziative, incontrato Associazioni e autorità locali, partecipato con il sindaco Malkic alla Commemorazione del’Eccidio di Marzabotto.
È iniziato così il percorso che porterà al patto di amicizia dei Comuni di Marzabotto e Srebrenica.
La numerosità delle iniziative e la continuità dei rapporti di partnership, anche non previsti all’inizio del progetto, hanno reso possibile una mole di incontri e una diffusione delle occasioni che non sarebbero state possibili se l’Associazione Orlando Molte Donne un Pianeta con il progetto Going back to Srebrenica non avesse fatto un grande lavoro di rete, basti pensare al grande risalto che l’iniziativa proposta ha avuto all’interno delle settimane internazionali, organizzate a Srebrenica, dall’associazione Langer con differenti partner, inserite nel progetto Adopt Srebrenica.
Le donne di Zene Srebrenica sono state inserite in una fitta trama di rapporti che ha consentito loro di avere voce e opportunità di mantenere la memoria, pur ricercando il dialogo e facendo peace keeping.



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