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SREBRENICA

 

GLI INCONTRI, IL VIAGGIO, IL PROGETTO

 

Il primo incontro con Hajra Catic e Nura Begovic è avvenuto per la prima volta a Bologna nel 2004, quando, accompagnate da Irfanka Pasagic, ci hanno raccontato e ci hanno consegnato il progetto della Fabbrica della Pasta.
Si avvicinava il decennale di Srebrenica e come Orlando Molte donne un Pianeta, non volevamo che cadesse nel silenzio, il ricordo per noi “bosniache nel cuore”, era ancora nitido e quelle donne avevano il diritto di essere ascoltate e aiutate nella loro ragionevolezza.
Fermezza e ragionevolezza per il diritto alla verità e alla giustizia.
Hajra in piazza Nettuno era rimasta folgorata, quello era il loro memoriale.

 

Bologna 19 maggio 2005
Srebrenica è stata ricordata a Palazzo d’Accursio, Cappella Farnese, in un incontro con Irfanka Pasagic, Srebrenicina, presidente di Tuzlanska Amica, Premio Alexander Langer 2005.
Organizzato dal Comune di Bologna in collaborazione con: Amnesty International ONLUS - Gruppo Italia 019 Bologna, Associazione Adottando-Bologna ONLUS, Associazione Onde Amiche Bologna-Tuzla, Associazione Orlando, Associazione Orlando Molte Donne un Pianeta, CGIL – CISL – UIL Bologna, CRAL Telecomunicazioni, D.O.C. Cooperativa sociale, Donne in nero – Bologna, Fondazione Alexander Langer – Bolzano, ISCOS CISL, Le voci della luna - Sasso Marconi, Nexus CGIL Emilia Romagna, Peace Games, Radiocittà Fujiko, Una Città.
Le voci di una storia di donne che collegano Tuzla- Bologna- Srebrenica, ci sono tutte.

 

Tuzla 11 luglio  2005
Liliana Radmanovic di Orlando Molte donne un Pianeta, è a Tuzla e incontra Tuzlanska Amica e Zene Srebrenice sul progetto Going Back to Srebrenica. Partecipa alle iniziative del decennale, alla cui organizzazione hanno collaborato le donne di Tuzlanska Amica e di Zene Srebrenice.

 

Bologna 17 settembre 2005 
Ljubica Itebejac presenta il libro “I bambini ricordano”, edito da Una città.
Il libro, introdotto da Chiara Risoldi, raccoglie i racconti di bambine e bambini bosniaci, che hanno subito il trauma della guerra ed è veramente struggente.
Il ricavato della vendita servirà a finanziare borse di studio per ragazze e ragazzi di Srebrenica.
Inizia un lavoro di presa di contatto e di messa in rete con il Comune di Marzabotto, nasce con Patrizia Zanasi, l’idea di un Patto di amicizia fra Marzabotto e Srebrenica.
Nella giornate dal 1 ottobre al 3 ottobre 2005 questa idea prende forma e si susseguono gli incontri e le iniziative. Sono a Bologna Hajra Catic e Nura Begovic, Irfanka, Ljubica Itebajac e il giovane Sindaco di Srebrenica Abdrahman Malkic.

 

1 ottobre 2005
Marzabotto ore 14
Incontro con Zene Srebrenice, Hajra Catic e Nura Begovic, Patrizia Zanasi  assessore al Comune di Marzabotto, Liliana Radmanovic, Lalla Golfarelli sul progetto Going back to Srebrenica, valutazione problematiche di definizione della rete dei/ sostenitrici e della costituzione della Rete.
Marzabotto ore 16
Presentazione del film “Il cielo sopra Srebrenica”1995 – 2005 anniversario di un genocidio di Cirio Cortellessa e Marco Della Croce in collaborazione con Tuzlanska Amica .
Incontro organizzato in collaborazione con l’ Associazione Molte donne un Pianeta, con Hajra Catic e Nura Begovic  dell’Associazione “Le Donne di Srebrenica” .
Bologna  ore 21
Concerto del Coro Arcanto, presso la sede del Centro delle Donne, alle ore 21, diretto da Giovanna Giovannini, che eseguirà musiche di scena di Giovanna Marini ed incontro pubblico per il decennale del genocidio, coordinato da Lalla Golfarelli, presidente di Orlando Molte Donne un Pianeta, con Irfanka Pasagic, Hajra Catic e il Sindaco di Srebrenica Abdurhaman Malkic.
L’iniziativa è presa all’interno del mese di iniziative promosse dalla Provincia di Bologna “Segnali di pace”.

Marzabotto 2 ottobre 2005
A 61 anni dalla strage nazifascista di Marzabotto, due lapidi si vanno ad aggiungere a quelle che nel corso degli anni passati sono state deposte dalle istituzioni, dalle associazioni e dalle varie rappresentanze nazionali ed internazionali. Le lapidi sono quelle di Londra e di Srebrenica.
Una storia di martirio e di sacrificio, di vite innocenti distrutte dalla guerra e dalla brutalità umana, è quella che salda la popolazione dell’Appennino Tosco-emiliano con quella della capitale britannica e della città bosniaca. Una storia da non dimenticare e da scolpire sul marmo, e in particolare sulla pietra del sacrario dei caduti di Marzabotto.
Alla celebrazione era presente Abdurahman Malkic, primo cittadino di Srebrenica.
In particolare, fra Srebrenica e Marzabotto, si è fatto il primo passo verso la formalizzazione futura di un gemellaggio, fra due cittadine entrambe tragicamente segnate da eccidi cruenti verso cittadini inermi.

 

Bologna 3 ottobre 2005
Incontro tra il vicepresidente della Giunta Flavio Delbono, il Consigliere Gianluca Borghi ed il sindaco di Srebrenica Abdurahman Malkic, in Emilia-Romagna per una serie di incontri, tra cui quelli con il Comune di Marzabotto e le associazioni Orlando. Molte Donne un Pianeta e Adottando. Nell’occasione del decennale del genocidio di Srebrenica, anche in molte località dell’Emilia-Romagna sono state proposte iniziative e momenti di riflessione.
“Srebrenica merita di far parte dell’Europa, ha affermato il sindaco Abdurahman Malkic, e c’è bisogno di un aiuto anche economico per permettere alle migliori forze di prevalere”.

 

Tuzla/Srebrenica 6-8 settembre  2005
Incontri di lavoro Orlando molte donne un Pianeta con Zene Srebrenice, Tuzlanska Amica, Comune Marzabotto.
Incontro con la Municipalità di Srebrenica
Patrizia Zanasi, Elena Mignani, Liliana Radmanovic, Lalla Golfarelli, insieme a una Irfanka Pasagic affranta, sono a Srebrenica: è una città spettrale, salendo da Potocari, il memoriale è l’unico luogo dove dolore e armonia convivono, la fabbrica degli orrori, piena di deliri maschili, di fantasie di stupro, di segni di martirio è ancora nello stato in cui è stata abbandonata dagli Olandesi dell’Onu, la città è un susseguirsi di rovine, Srebrenica, la città dell’acqua e dell’argento sembra ferma ai giorni dell’eccidio.
Il luogo che sarà la fabbrica della pasta è di fronte alla casa di Hajra.
Torniamo a Tuzla sentendoci a casa.

 

Tuzla/Srebrenica 7-9 ottobre 2005
Patrizia Zanasi, Liliana Radmanovic, Lalla Golfarelli ritornano a Tuzla per incontri di lavoro, analisi e supervisione di Orlando Molte Donne un Pianeta con Zene Srebrenice, Tuzlanska Amica e il Comune Marzabotto. Incontriamo il sindaco di Tuzla e partecipiamo all’ inaugurazione della Casa Famiglia.

 

Tuzla 10 luglio 2006
Liliana Radmanovic di Orlando Molte donne un Pianeta incontra  Tuzlanska Amica e Zene Srebrenice sul progetto Going Back to Srebrenica.
Approfondimenti, programmazione, definizione ruoli.
L’anno 2006  è un anno nel quale vengono al pettine le difficoltà operative  per al messa in attività della Fabbrica della Pasta, occorre comprare macchine nuove e trovare altre finanziatrici.

Srebrenica 11 luglio 2006
Liliana Radmanovic di Orlando Molte donne un Pianeta partecipa alle iniziative dell’ 11 luglio.

 

Srebrenica 11 luglio 2007
Liliana Radmanovic di Orlando Molte donne un Pianeta partecipa alle iniziative dell’ 11 luglio.
L’11 luglio2007, nella piana di Potocari, a qualche chilometro da Srebrenica, c’eravamo anche noi. Alla cerimonia di sepoltura di 486 uomini uccisi nel 1995, le cui ossa sono state ricomposte, identificate e restituite alle famiglie durante questo anno? a fronte di migliaia di corpi massacrati che ancora attendono. C’era anche Liliana Radmanovic di Orlando Molte Donne un Pianeta insieme alle Donne di Zene Srebrenice e a quelle migliaia e migliaia di persone, quasi tutte donne, di quella Comunità senza uomini che è la Comunità Bosgniacca di Srebrenica dopo la cattura e l’eccidio di oltre 8 mila abitanti maschi.
I legami con Sabina Langer ed Edi Rabini dell’ Associazione Langer si sono fatti più stretti.
Ha preso forma uno straordinario progetto  dell’Associazione Langer e di Tuzlanska Amica “Adopt Srebrenica” su impulso di Irfanka Pasagic.

Srebrenica 27 Agosto-1 Setttembre 2007”
La Settimana Internazionale si colloca all’interno del progetto Adopt Srebrenica“ che nasce da una lunga tessitura di relazioni tra la Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano e l’Associazione Tuzlanska Amica di Tuzla (BiH), in collaborazione con Comune di Srebrenica, Comune di Pescara, Regione Abruzzo, Regione Trentino Alto Adige-Südtirol, Comune di Marzabotto, Comune di Bolzano, Rete Lilliput/nodo di Ferrara, Associazione Sara di Srebrenica, Orlando. Molte donne un Pianeta.
Abdurahman Malkic, Sindaco di Srebrenica, inaugura la settimana.
La settimana vede la partecipazione di Zene Srebrenice in differenti momenti.
Tante donne prendono la parola e quasi tutte ci siamo già incontrate, raccontano storie di morte e di rinascita di conflitto e pacificazione, dalla Bosnia al Ruanda.

 

28 agosto 2007
Seminario su “Donne e Memoria”
Coordina:  Lalla Golfarelli, Associazione Orlando Molte Donne un Pianeta.
A parlarne donne che da tempo collaborano come Liliana Radmanovic, Spazio Pubblico di Donne, Bologna -Lana Jajcevic, Udru?ene Zene, Banja Luka, BiH - Cea Paz Venturelli, Cile - Nura Begovic, Donne di Srebrenica, BiH  - Valentina Gagic, Aassociazione Sara, Srebrenica, BiH
“Donne e memoria, un’incontro teso e intenso alla Dom Kulture di Srebrenica: in una grande sala che nei giorni dell’assedio, quando la città brulicava di migliaia di profughi, era precario rifugio per tanti di loro. Dietro il tavolo un gruppo di donne, che raccontano la propria storia: Nura Begovic (Srebrenica), Valentina Gagic (Sre-brenica), Liliana Radmanovic e Cesarina Asioli (Bologna), Alma Salkic (Bratunac), Maria Paz Venturelli Cea (Cile-Bologna). A sollecitare i loro racconti Lalla Golfarelli dell’Associazione Orlando di Bologna.
L’emozione di parlare in quel luogo, in quella città, è di tutti. Una sedia rimane vuota per rendere visibile l’assenza di chi non c’è più. L’attenzione è rivolta da parte di tutti al tempo lungo: al prima, quando la guerra era di là da venire, poi agli anni del conflitto, dei beni perduti, dei tradimenti, e infine alle difficoltà del presente, alle speranze e al futuro. Quelli che seguono sono solo degli appunti, incompleti come tutti gli appunti e segnati dalle sensibilità del redattore.
I primi ricordi sono rivolti agli anni di pace, quelli che corrispondono all’infanzia o alla prima giovinezza delle donne intervenute: anni in cui Srebrenica e le altre città della ex-Jugoslavia appaiono con gli occhi di ora come luoghi di tranquilla felicità, dove si poteva credere nelle persone e dai quali non vi erano motivi per andare via. Quegli anni emanano un profumo di serenità e nei sogni di un presente così diverso ispirano un’immensa nostalgia. Anche se non può mancare qualche ombra: da quel mondo così ricco di bei ricordi è pur emerso improvvisamente il demone della guerra. E ancora: la memoria di quel bene finisce ora per dare quasi più dolore del ricordo traumatico del male vero.
Ma come è stato possibile che quella realtà all’apparenza così tranquilla fosse tutt’a un tratto sconvolta? Non ci sono vere risposte, se non per dire che qualcuno deve aver preparato il disastro. Le armi sono comparse d’un sol colpo. Qualcuno deve averle senz’altro procurate; anzi, non sembrano esservi dubbi su chi sia stato anche se c’è come un’esitazione a pronunciare nome e cognome. D’altra parte allora nessuno, fra la gente comune, si rese ben conto di come tutto cominciò.
Si discute dei primi sintomi del cataclisma, di come allora fosse difficile individuarli. Solo adesso sembra possibile riconoscerli; o magari neppure adesso. La gente comune che comincia a dividersi; la paura che inizia a divenire il sentimento dominante: quello più pericoloso, sotto l’impulso del quale si commettono i delitti più terribili. Il sarto che inizia a perdere qualche cliente, i caffè che cominciano a distin-guersi perché a frequentarli sono gruppi diversi. E poi già nel ’92 la società che subisce oramai spaccature verticali; i messaggi minatori prima sussurrati ma dopo poco espressi senza esitare: “andate via, voi e tutte le vostre famiglie!”. Fino a un attimo prima sembrava impossibile che si potesse essere scacciati, ma poi è successo. Qualcuno mostrava di avere tutto il potere dalla sua e gli altri neppure più la possibilità di sottrarsi al ricatto della vita. Il male è scoppiato in poche notti. C’è un detto bosniaco che recita: “La neve non è caduta per coprire le colline, ma perché ogni bestia potesse lasciare le sue tracce”: e in affetti da quel momento si è visto di che natura fosse ognuno.
Neppure a Belgrado era così facile riconoscere i segni premonitori. Anche se là tutto è iniziato molto prima. Già nell’86-87, quando ci si salutava, ci si baciava non più due volte soltanto, ma tre. Sembrava una moda, ma era un segno nefasto. I tele-giornali cominciavano a spandere menzogne evidenti: che la colpa di tutto era degli sloveni, pronti in ogni momento a derubare i serbi. Molti fino ad allora avevano creduto alla televisione, e allora perché non continuare a credere? Poi le menzogne venivano ripetute più e più volte: a quel punto non ci si credeva più ma si rimaneva comunque segnati. Che i dentifrici sloveni, di migliore qualità, fossero stati prodotti sfruttando i serbi era una evidente impostura, ma come si faceva a comprarli sotto gli occhi della gente del proprio quartiere? Poi la situazione precipitò, nei più consapevoli cominciò a crescere l’ossessione per i morti, per tutti i morti. Fino al momento in cui apparve chiaro – racconta Liliana - che da dentro la Serbia non pareva più possibile fare alcunché per fermare la mano di poteri troppo grandi, dentro e fuori la ex-Jugoslavia; e allora sembrò inevitabile fare le valige, prendere i figli e andare via, in Italia. Non era più possibile farsi trattare da ustascia traditore solo perché si faceva tutto il possibile per combattere la guerra.
Un altro punto di vista è quello di chi arrivava da fuori, dall’Italia appunto, con bei progetti e qualche risorsa ma senza conoscere granché la situazone. E allora guar-dava, ascoltava e metteva per forza di cose da parte i progetti preferendo porsi al servizio di chi viveva direttamente le conseguenze della guerra. Anche così è nato il gruppo di Amica a Tuzla.
Ma l’attenzione maggiore dei vari interventi è sul dopo o, più esattamente su ora. E’ forte la proiezione in avanti, una tensione verso il futuro carica di un non meno forte senso di responsabilità. Alla base di tutto una consapevolezza fondata sull’esperienza diretta del dolore – “il dolore non ha identità etniche” sottolinea Valentina -. Anche se non tutto emerge dagli interventi con la stessa chiarezza: c’è come una sorta di pudore di sé e degli altri, insieme alla difficoltà a trovare le parole giuste per esprimere l’inesprimibile e ancora alle esitazioni di chi non si sente completamente libero di fronte a un nemico sentito come ancora presente e pronto, forse, a rialzare la testa.
Alma racconta del suo ritorno a Bratunac, quando dopo 10 anni trovò quasi d’improvviso nella casa che stava per essere ceduta, nel cortile dove aveva trascorso l’infanzia con il fratello perduto durante la guerra, il luogo in cui potere forse riconciliare il presente e il passato; dove fare una scelta di pace fondata su un amore capace di superare se non l’odio almeno il dolore. La casa e intorno persone per bene cui dare e da cui trarre energie; e Bratunac, la città da non lasciare mai più per avere la forza ogni anno di passare oltre il mese di maggio, con tutti i suoi lutti, le offese subite e il ricordo della perdita definitiva di ogni cosa del passato, anche del più banale degli oggetti. Anche Nura parla del bisogno di ritornare alla propria città, del suo ritorno a Srebrenica luogo d’amore in grado di riconnettere un passato vissuto oramai solo in sogno e l’inevitabile discorso sulla guerra. Il senso di appartenere a una comunità, la ripresa di un dialogo con gli altri sulle cose della vita quotidiana sembrano offrire una nuova possibilità. Anche se non è per tutti così. Per altri – è il caso di Liliana – contano di più le persone e può non esserci un luogo dove tornare, perché in fondo è abbastanza casuale il posto dove capita di nascere.
All’origine di tutte le scelte vi è in ogni caso un dato inevitabile di sofferenza, di dubbio, di incertezza. Laddove oramai non ci sono più lacrime per piangere o si è definitivamente perduta la fiducia di poter azzardare spiegazioni di quanto è successo. Qualcuna esprime il dubbio che non si sia ancora pronti ad  affrontare con sufficiente libertà il futuro; un’altra intervenuta, di fronte a chi ha perso tutto, manifesta quasi vergogna per non essere stata costretta dalla sorte a piangere morti in famiglia. Ma il nemico primo da combattere sembra essere la solitudine. Da soli si può poco. Il gruppo può dare energie e può svolgere una vera e propria funzione terapeutica. Ancor più conta la capacità di costituire delle reti di comunanza, di solidarietà. Le reti possono svilupparsi spontaneamente o per iniziative specifiche intese magari a renderle più stabili e a superare quindi l’aleatorietà di troppe iniziative di aiuto.
Nell’ambito di quelle reti alle donne spetta in ogni caso il ruolo di protagoniste. Quasi mai esse si trovano a poter chiedere e tanto meno ottenere giustizia per le umi-liazioni subite. Gli stupri non vengono mai puniti e resta solo la sofferenza. A questo si aggiunge che negli anni di guerra a morire sono stati soprattutto gli uomini e la perdita di un figlio, di un padre o di un marito ha finito per sovrastare con la sua traumatica durezza ogni residua velleità delle donne di chiedere qualcosa per sé. Una debolezza strutturale che Maria Paz riannoda al machismo della società cilena, alla difficoltà di ottenere giustizia per sé come per gli altri. Essere figlia di uno scomparso, per di più di nazionalità italiana, l’ha costretta a tentare un processo dai riscontri quanto mai labili e difficili da riconoscere sul piano giuridico. Così come è difficile per un profugo o per una profuga come lei veder riconosciuta in una forma meno che aleatoria la sua sofferenza di persona dotata di un’identità puramente interstiziale. Il protagonismo delle donne è forse anche una reazione a quelle tante debolezze. Ma esso riuscirà ad esprimere tutte le sue potenzialità solo a condizione che sappia superare i confini della sfera privata e conquistare un peso effettivo in quella pubblica. A questo puntano le organizzazioni di donne affermatesi nel dopoguerra, per come esse rivendicano la necessità di partorire e formare non già dei guerrieri, ma dei lavoratori o per la crescente attenzione da esse manifestata alle prospettive che attendono i più giovani. Non manca in questo senso un chiaro richiamo al realismo. Si parla di lavoratori perché il lavoro rimane la questione decisiva per ragioni di sopravvivenza, ma anche per favorire la ricostruzione di relazioni sociali nuove e libere da sovraesposizioni etniche. La faticosa realizzazione di una fabbrica di pasta a Srebre-nica con un sostegno dall’Italia è senz’altro un esempio molto positivo. Essere realisti non significa però rinunciare alle inevitabili rivendicazioni di verità e giustizia per i crimini commessi durante la guerra. Anzi è del tutto realistico constatare la palpabile e persistente presenza dell’odio e la evidente impunità di cui godono ben noti crimi-nali di guerra ben oltre i confini di una situazione estrema come quella di Srebrenica. E’ altrettanto realistico rivendicare un’adeguata iniziativa dei tribunali perché l’odio non finisca per prevalere e non si debba costruire una vita sociale fondata sul sospetto reciproco e su continue autogiustificazioni.
Non è mancato alla fine uno sguardo all’avvenire più lontano per saggiare preoccupazioni e speranze. Negli interventi sembra prevalere un ottimismo realista: sulla possibilità che nuove iniziative economiche – come la cooperativa di Bratunac – possano rianimare la vita sociale; sull’apparente disponibilità dei più giovani a non rimanere schiavi di conflitti che non li hanno visti come protagonisti diretti. Anche la politica potrebbe riservare qualche sorpresa positiva, se ad esempio alle prossime elezioni amministrative le donne potessero assumere un ruolo più rilevante. Proprio la politica potrebbe viceversa creare non pochi problemi se, nel caso di Srebrenica, non riuscisse ad affermarsi la prospettiva di ottenere uno statuto speciale che riconoscesse alla città la sua storia e il suo status particolari e il suo indiscutibile valore simbolico. Non meno attente e consapevoli le risposte offerte a una domanda dal pubblico su che cosa possa intendersi per pace dopo un’esperienza così traumatica come la guerra in ex-Jugoslavia: “La si sa apprezzare solo quando la si perde. Non basta che finisca una guerra, ci vuole molto di più”. E ancora: “La pace è poter respirare a pieni polmoni” oppure “La pace è svegliarsi la mattina, desiderare di vivere la giornata e di risvegliarsi la mattina dopo”. Ma: “Per chi ha perso tutto la pace non potrà mai più esserci”.
E infine qualche battuta sulla limitata partecipazione di altri bosniaci all’incontro organizzato con gli ospiti italiani. Emerge una certa esitazione a voler andare oltre un primo racconto di esperienze e una prima presa di contatto. Qualcuno ricorda che Srebrenica è stata a lungo un’arena per iniziative non sempre rispettose dell’autonomia e del dolore dei suoi abitanti. Malgrado questo tutti sottolineano l’importanza dell’occasione offerta dalla settimana internazionale, considerata giustamente una prima volta, che quindi lascia presagire la possibilità di una ripresa e di uno sviluppo.” Resoconto di Fabio Levi

 

29 -30 agosto 2007
La partnership di Going back to Srebrenica lavora insieme sul progetto e assiste alla prima “uscita” della pasta dall’estrusore. Foto, applausi e lacrime, ma la burocrazia è in agguato. Servono molti permessi, Hajra e Nura si mostrano fiduciose per il grande supporto della municipalità.
L’assegnazione dei locali si avvia a diventare definitiva
Reincontriamo il Sindaco Malkic che conferma il suo supporto all’ iniziativa.

 

Bolzano 17 maggio 2008
Convegno internazionale “Tredici anni dopo Dayton: Quale futuro per Srebrenica e Bosnia Herzegovina?”, organizzato dalla Fondazione Alexander Langer, in cooperazione con Europe Direct, EURAC, e il Master “Mediatori dei Conflitti” dell’Universita’ di Bologna. Hanno partecipato all’evento numerose ONG, associazioni ed enti locali italiani e bosniaci. Per la Cooperazione Italiana a Sarajevo, sono intervenuti il Direttore, dott. Aldo Sicignano, e rappresentanti dell’Ufficio di coordinamento ONG istituito presso l’UTL, nelle persone di Chiara Trevisani e Marica Garzon.
Al convegno internazionale “Tredici anni dopo Dayton: Quale futuro per Srebrenica e Bosnia Erzegovina?”, che ha visto la partecipazione di eminenti studiosi e personalità, erano presenti tra gli altri: Cric – Owpsee; ACS; Educaid; UCODEP; Emmaus Arezzo, Agronomi Forestali Senza Frontiere (Padova); l’associazione Nema Frontiera (Torino), la Provincia di Gorizia; Babelia&Co.; AICCRE – Regione Abruzzo; Associazione “Orlando-Molte Donne un Pianeta”; Associazione MILA (Pescara); Tuzlanska Amica/Fondazione Langer; la scrittrice Elvira Mujc, l’arteterapeuta Hannah Scaramella, il Sindaco di Srebrenica Abdurahman Malkic.

Srebrenica 24-29 agosto 2008
Life and voices in Srebrenica Settimana Internazionale.
Fondazione Alexander Langer Stiftung in collaborazione con Tuzlanska Amica, numerose ammnistrazioni pubbliche e associazioni ( fra queste il Comune di Marzabotto e l’ associazione Orlando Molte Donne un Pianeta)
Donne e uomini di origini, storie e provenienze diverse ci ritroveremo anche quest’anno a Srebrenica, città della Bosnia e luogo di memoria per tutti i suoi abitanti e per l’Europa intera. Trascorreremo insieme una settimana piena di scambi e di idee per affermare che la vita è più forte della guerra e del genocidio soltanto se può trarre alimento dalla verità e dalla giustizia sul passato. Ci incontreremo ancora una volta a Srebrenica per ascoltare i silenzi della perdita e del trauma, ma anche per dare fiato alle molte voci di chi vuole esprimere nei modi più diversi ricordi, sentimenti, pensieri, desideri e speranze: per sé, per la propria città e per tutti noi.

 

26 agosto 2008
Incontro con la cooperativa “Insieme” e’ un esempio concreto di sostegno alla convivenza interetnica e riconciliazione postbellica tramite la riattivazione dell’economia rurale. La Zemljoradnicka Zadruga Insieme Bratunac nasce dall’idea di un gruppo di donne con lo scopo di sostenere il ritorno di rifugiati, la convivenza multietnica e la riattivazione socio-economica di una zona votata tradizionalmente alla coltivazione di lamponi.
Incontro con il sindaco uscente Abdurhaman Malkic di Hajra Catic di Zene Srebrenice, con Patrizia Zanasi del Comune Marzabotto, Lalla Golfarelli e Liliana Radmanovic di Orlando. Molte Donne un Pianeta.

 

27 agosto 2008, Dom Kulture
Le donne di Srebrenica e dei luoghi vicini si incontrano per darsi forza e progettare uno spazio pubblico condiviso.
Il workshop, condotto da Lalla Golfarelli, Associazione Orlando.Molte donne un pianeta, ha coinvolto un lobby group misto di donne che lavorano per il miglioramento dell’aspetto della città in grande armonia: partecipano più di venti donne, serbe e bosgniacche e alcune partner.
Generazioni diverse di donne abitano questa terra, il loro essere qui ne testimonia il legame ed è già segno di forza. Sono donne custodi e esploratrici che cercano strade per tenere insieme storia, appartenenza, lutto e futuro.
Dalle loro parole sono emersi elementi ricorrenti: la bellezza e i colori. La bellezza collegata anche all’antico percorso termale ed alle virtù curative delle acque: le fonti per la cura della pelle, degli occhi, del sangue e dello stomaco. Le terme erano molto frequentate, soprattutto all’epoca della Jugoslavia di Tito, tantoché la fama della bellezza delle donne di Srebrenica e dei suoi giardini fioriti era diventata una leggenda.
Riportare questo sentiero al suo splendore, come richiesto ed auspicato dalle donne significherebbe riportare una parte di quello splendore sia in città che nei suoi abitanti.
Anche l’idea di ricreare i giardini esistenti prima della guerra grazie al clima favorevole della zona è fortemente desiderata. Ogni casa abitata ha un giardino o un balcone fiorito; portare i fiori nella piazze ed in particolar modo in quella che era considerata la piazza delle donne, sarebbe un piccolo gesto concreto per la rinascita della città grazie all’attività degli abitanti ed un particolare delle abitanti.
C’è dunque un filo rosa che congiunge le terme, il sentiero, i giardini, i colori e la ricostruzione dello splendore di Srebrenica.

 

28 agosto
Incontro sulla Fabbrica della Pasta con il sindaco uscente Abdurhaman Malkic, Hajra  Catic di Zene Srebrenice, con Patrizia Zanasi del Comune Marzabotto, Lalla Golfarelli e Liliana Radmanovic di Orlando Molte Donne un Pianeta. I permessi sono stati quasi completamente conseguiti, Malkic si impegna a supportare Zene Srebrenice nella ricerca di personale qualificato, programmiamo la riformazione.

 

Faenza 10 ottobre 2008
Incontro di Liliana Radmanovic e Lalla Golfarelli con Hajra Catic, presidente di Zene Srebrenice per la definizione delle ultime tappe del progetto “Going back to srebrenica”,  in occasione della partecipazione di Hajra Catic ad un ’evento organizzato da cosmopolite e patrocinato dalla Provincia di Ravenna e dal Comune di Faenza, in collaborazione con la Camera di commercio italo-bosniaca.



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