In questi giorni molti cittadini si stanno rivolgendo agli uffici pubblici per chiedere se esiste la possibilità di richiedere "il domicilio" o la residenza temporanea.
Nel primo caso si tratta di un istituto che non è previsto dall'anagrafe nazionale della popolazione residente, per cui richiederlo è inutile.
La residenza temporanea invece esiste ed ha una funzione chiara: si tratta di una possibilità offerta a chi si trova a risiedere temporaneamente in una località, per esempio per motivi di lavoro o studio per più di quattro mesi, senza per questo cambiare la dimora abituale.
La residenza temporanea può durare fino ad un anno. Tuttavia in nessun caso non può essere un espediente per muoversi liberamente da una abitazione all'altra. Se chiedo per esempio la residenza temporanea nella seconda casa, vuol dire che ci rimarrò per più di tre mesi e che per quel periodo non tornerò più nella mia residenza principale.
Né è tantomeno pensabile di dichiarare la residenza temporanea a casa del proprio partner (per esempio) per poi tornare a casa propria ogni sera.
Su questo le forze dell'ordine stanno facendo i doverosi controlli: le uniche possibilità per muoversi rimangono, come ripetuto tante volte, quelle legate al lavoro, a ragioni sanitarie o a necessità comprovabili (per esempio acquisto di beni di prima necessità). Esiste poi la possibilità di muoversi per assistere un parente (per esempio un figlio che si prende cura dei genitori non autosufficienti, oppure i nonni che fanno da babysitter ai nipoti) ma in questo caso non serve certo la richiesta di residenza temporanea, ma solo il modulo di autocertificazione.
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