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La storia


Nei 96,61 Kmq segnati da confini risalenti al riordinamento territoriale pontificio del 1816 (il Monte Vigese a nord, il crinale dell’Appennino tosco-emiliano a sud, il Brasimone a est, il Limentra di Treppio a ovest), si sono alternate per secoli vicende storiche e umane spesso comuni anche ad altre parti limitrofe dell’Appennino, a volte invece più peculiari, ma che sempre hanno avuto per protagonista gente povera, civile ed operosa di vero stampo montanaro. Vissuta spesso in un isolamento economico e culturale durato secoli, questa gente di “…cultura periferica all’urbano con consapevolezza storica e umana…”, come la descrive il professor Guidotti, affezionato studioso della sua terra, inizia a trovare un po’ di riscatto in età moderna e contemporanea, ed ancora oggi sta gradualmente elaborando il trapasso da ritmi antichi ad abitudini attuali.  Ma cosa sta alle spalle della tranquilla realtà campestre e montanara di cui godiamo oggi?  Il passato remoto di Camugnano rimanda a stirpi, culture, lingue, religioni diverse unificate col tempo nella realtà culturale di oggi dalla Chiesa "erede" di Roma. Quel passato remoto emerge da sottoterra (reperti archeologici), dai toponimi, da certe parole dialettali, da certe caratteristiche somatiche degli abitanti.A chi volesse partire proprio dai primordi, piacerà sapere di un deposito di quattordici asce ed alcune statuette votive scoperte a Burzanella; assieme ad un’accetta trovata a Baigno, ciò è quanto documenta l’età del bronzo nel Camugnanese. Pochi -ma effettivi- segni rivelano anche la presenza etrusca: sono un coccio graffito scoperto nel greto del Limentra ed una testa bronzea di torello dissepolta sotto Cà Polazzi a Carpineta.

 

Con la romanizzazione del territorio cominciano ad apparire i primi segni permanenti dell’uomo: al di là del ritrovamento di monete e suppellettili a Le Mogne, noi rievochiamo il mondo latino ogni volta che pronunciamo il toponimo di molte località. Fra il VI e l’VIII secolo un’altra impronta indelebile venne a marcare il Camugnanese: fu la linea confinaria che separava la Tuscia dei Longobardi dall’esarcato di Ravenna dei Bizantini. Dal Reno al Setta questa frontiera annullò il confine amministrativo romano che, più a sud, correva sul crinale appenninico fra le regioni Emilia ed Etruria, ed attraversando il Monte Vigese destinò ai Longobardi tutta la parte più meridionale dell’Appennino bolognese, tra cui la nostra; ancora oggi la presenza di questi ultimi è rivelata da nomi nordici in uso come Ugo, Oddo, Oddone, Loteringo, Desiderio, Ildebrando, Ildegonda, così come dal verdazzurro che riluce negli occhi degli abitanti delle zone di Stagno e Bargi.Dal canto loro, anche i Bizantini, pur insediati solo a nord del Monte Vigese, hanno lasciato residui linguistici nel dialetto locale, come calcédre da cutros (pentola) e calcos (rame), o come lebi da lébes (abbeveratoio). Senz’altro gli effetti della confinazione longobarda sopravvivono a lungo se si considera che, a partire dal sec. X, con l’instaurazione del regime feudale l’alta montagna bolognese resta dominata prevalentemente da stirpi di origine toscana, tra cui sul Camugnanese i Conti Alberti di Prato, discendenti dai Carolingi e riconosciuti come dominatori di queste terre, tra le altre loro, nientemeno che da due diplomi imperiali, uno di Federico Barbarossa (1164) ed uno di Ottone IV imperatore (1209).Con la morte della Contessa Matilde (1115) si apre un nuovo capitolo della storia della montagna e le sorti dei conti Alberti si intrecciano con le forze autonomistiche delle comunità locali (come quelle dei cosiddetti Stagnesi -con sede a Stagno- o dei dominatores de Vico -insediati a Vigo-). Se si aggiungono le spinte di Bologna a prendere controllo sulla montagna, le rivalse di Pistoia sulla medesima, nonché le pretese dell’impero e del papato che rivendicano diritti di sovranità per l’eredità matildica, si ottiene il quadro tutt’altro che bucolico del Medioevo camugnanese. Va comunque detto che, almeno da parte di Bologna, la fase di conquista del contado appenninico avvenne prevalentemente per accordi diplomatici con i signori locali, contrariamente all'immagine tradizionalmente cruenta che di solito si attribuisce al Medioevo. Mai nella storia del Camugnanese i governi feudali, come anche i successivi comuni locali, si combatterono tra di loro: gli scontri avvennero sempre e solo con governi e signorie esterni, quali Bologna, Pistoia, i conti Alberti, i conti di Panico. I consorzi nobiliari feudali avevano i loro centri nelle rocche di Le Mogne, Vigo, Mogone, Stagno, Bargi. Si trattava di costruzioni in muratura di sasso dette castrum o fortilicium, difese da mura dentro cui si arroccavano attorno al palatium del signore le case di contadini e artigiani, quasi tutte in sasso e in legname, coperte da lastre o da paglia lunga, quando non realizzate tutte di paglia. Di quei centri fortificati medievali non rimangono che i resti murari delle fondamenta, celati più o meno sottoterra: è il caso di Mogone (sopra Guzzano), di Le Mogne, di Stagno e Bargi e, forse, di Burzanella. Anche delle originarie chiese medievali non rimane quasi nulla nel Camugnanese, poiché demolite e sostituite da altre dal '500/’600 in poi. Come esse fossero in età medievale può svelarlo una visita sul Montovolo al santuario di Santa Maria della Consolazione (costruita nel 1212 sopra una più antica chiesa di cui rimane solo la cripta sotto l'abside attuale), oppure a Badi al piccolo oratorio di Sant'Ilario. Lentamente, tra il ‘200 e il ‘300, il Comune cittadino bolognese ebbe la meglio sul regime feudale dei conti Alberti e degli altri signori locali, e lo sostituì con un’organizzazione politica e militare che, pur tra ribellioni episodiche ed il permanere di alcuni privilegi feudali, fa capo alla città e alle sue strutture organizzative.

 

Le principali frazioni del Camugnanese divengono dunque comuni rurali ciascuno con propria amministrazione elettiva, popolare, democratica, guidata dal massaro, sotto il governo di Bologna Comunale, rappresentato dal Capitanato della Montagna, istituito nel 1265 con sede prima a Casio e poi a Vergato. I comuni erano Camugnano con Carpineta, Guzzano con Mogone, San Damiano con Mogne, Verzuno con Monzone e Vimignano, Vigo con Savignano Longoreno, Stagno, Bargi, Monteacuto Ragazza con Burzanella, Trasserra.Molta storia del periodo comunale camugnanese ci è nota dagli estimi dei Comuni locali (ad esempio l’estimo di Bargi del 1315), che danno precise descrizioni economiche e demografiche elencando i beni presenti dentro e fuori il castello, distinti per case, domunculae (casupole), casamenta e capanne, ai fini della determinazione dei valori da tassare.Di queste domunculae e capanne non si speri di trovar traccia, fragili e misere com’erano; ma di ciò che fiorì col rinnovamento edilizio del ‘3-‘400, al cessare delle lotte per la conquista del crinale appenninico, restano, soprattutto nel Vigese, splendide case-torre a testimoniare l'architettura civile della borghesia rurale. Le più complete sono a Cà Doré, a Cà Brunetti, a Roda di Camugnano; e benché mozzata e di materiali poverissimi, merita ricordo anche quella della Guscella. Dal tramonto della lunga età medievale Camugnano, per tutto il periodo moderno, vive secoli meno densi di vicissitudini ma non meno travagliati a causa del fenomeno del brigantaggio, eredità dei conflitti con Francia e Spagna, che nei secoli XVI - XVII imperversa in tutti i contadi, di pianura come di montagna. Ciononostante, confermando la sua vocazione rurale e di terra di frontiera con la Toscana, il Camugnanese si costella di abitazioni contadine, sempre sapientemente costruite in armonia con l’ambiente, con l'abitazione a monte e le stalle a valle, perfettamente funzionali e tutte in splendida posizione su ampi orizzonti -la bèla vèsta- per il controllo ottimale del podere da intrusioni di estranei o di animali e per un godimento estetico del paesaggio. Ed ugualmente compaiono, a parlare della religiosità popolare contadina, gli oratori (Santa Maria dei Frascari, Santa Maria del Cigno, San Luigi Gonzaga, San Vincenzo dè Paoli), e quelle microarchitetture disseminate nel territorio, variamente chiamate maestà, tabernacoli, pilastrini, edicole che sono sintesi dell'artigianato locale (muratori, scalpellini, fabbri...) e che l'ignoranza a servizio di un miserabile piccolo antiquariato depreda spesso delle loro immagini sacre in terracotta. Così, in questo beato isolamento, il Camugnanese entrò nel periodo napoleonico; la rivoluzione francese ruppe per la prima volta l’equilibrio secolare di abitudini, tradizioni, ritmi di vita a cui, benché intercalato a sofferenze e stenti, gli abitanti della montagna non vogliono rinunciare. Il peso delle contribuzioni, la leva obbligatoria, le campagne militari all’estero generarono resistenze che la controparte di innovazioni positive introdotte dalle autorità francesi non potevano sciogliere. Le riforme napoleoniche non ebbero presa sull’alto Appennino, troppo remoto dai grandi circuiti della storia. Così, ad esempio, fu ufficialmente solenne ma in realtà piuttosto tiepida l’atmosfera che accolse a Camugnano la prima celebrazione dello statuto italiano nel 1861. Le genti della montagna erano ruvide, terrigne, di carattere fiero e legate a usi che andavano indietro nel tempo, tradizionalmente ostili a governi imposti dall’esterno e rese sospettose, diffidenti, litigiose da una vita difficile di secolare isolamento economico e culturale e spesso di fame che spingeva anche all'emigrazione: per transumanze nelle Maremme, per il taglio dei boschi in Corsica, o anche in paesi extraeuropei. Gli scalpellini di Vimignano e di Le Mogne arrivarono sulla fine dell'’800 fino ad Assuan nell'alto Egitto per costruire la gigantesca diga di granito sul Nilo.Ancora nel 1861 non ci sono scuole, giornali, poste, strade che non siano mulattiere, l'alfabetizzazione pubblica e gratuita arriva assai tardi, (nel preventivo di spesa del Comune di Camugnano del 1807 alla voce “istruzione elementare” anziché una cifra compare la scritta “niente”), mentre l’istruzione era normalmente impartita da parroci e notai che insegnavano a leggere e a scrivere (a pagamento!).  Finalmente, a partire dalla fine del XIX secolo, l’integrazione col mondo della pianura prende il suo lento avvio: nel 1889 a Camugnano arriva il telegrafo, nel 1903 ci si allaccia con una strada carrabile alla Porrettana (costruita nel 1830) ed alla ferrovia Bologna-Pistoia (aperta nel 1864), nel 1911 parte il servizio telefonico. Sono sempre segni tardivi di un mondo che segue a fatica l’evoluzione della pianura, anche se un primato tecnologico il Camugnanese in effetti ce l’ha: era infatti di Serraiola di Verzuno quel Lorenzo Pezzati, figlio di Antonio ultimo maestro comacino della zona, che nel 1902 realizzò la rudimentale centralina domestica con cui alimentò la sua casa, dando la prima luce elettrica al nostro Appennino. In seguito costruì la centrale al Molino delle Mogne che, sfruttando l'acqua del Brasimone, illuminò per la prima volta nel 1903 tutto il paese di Castiglione dei Pepoli (anche se fu solo nel 1930 che gli abitanti di Camugnano poterono allacciarsi alla stessa linea e finalmente… accendere la luce!). Sono, queste, le prime esperienze che preludono alle imponenti imprese della realizzazione dei bacini di Brasimone e di Suviana. Col volgere del secolo matura l’opinione pubblica ed emergono nuove esigenze di un vivere meno disperato.

 

Nascono associazioni cooperative che ruotano attorno alla costruzione della diga di Brasimone (1911, tutta in blocchi di pietra, è forse l’ultimo episodio in cui si mostra la valenza degli scalpellini locali), delle prime centrali idroelettriche e poi della diga di Suviana, la più alta d’Italia (97 mt.) a quel tempo (1932). Sono storie di un’esistenza tribolata che si rivitalizza, di riscatto da una vita contadina isolata e ignorante, grazie alla diffusione di nuove conoscenze, esperienze tecniche e lavorative, ricambi economico-sociali, nuovi sogni e ambizioni, ma che guerra e fascismo faranno ristagnare.  Il resto è storia recente: la centrale di pompaggio per accumulo di Bargi,  il P.E.C. del Brasimone (Prova Elementi Combustibili - fermato dal referendum del 1986 che abolì il nucleare in Italia, è ora un avanzatissimo centro ricerche), la grande dimostrazione di civiltà che è stata la creazione del Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone, sono tutte esperienze che negli ultimi decenni hanno portato il Camugnanese per la prima volta a contatto diretto con realtà di respiro regionale e nazionale, e che possono portare ancora molti benefici al territorio.

ultima modifica: Comune di Camugnano  02/09/2015
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Scheda del Comune
numero abitanti N.1839 al 31/12/2017
superficie 96,60Km²
altitudine 692 m s.l.m.
festa patronale 11 novembre
USI CIVICI USI CIVICI
Beni di Uso Civico nel Territorio
PAGO PA PAGO PA
Pagamenti per l'amministrazione
Servizi scolastici Servizi scolastici
Servizio Scuola Comune di Camugnano
Presentazione Pratiche Edilizie Presentazione Pratiche Edilizie
Presentazione Pratiche Edilizie
Servizi Sociali Servizi Sociali
Servizi Sociali Comune di Camugnano
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Piano di Protezione Civile Comunale Piano di Protezione Civile Comunale
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